Durante
i lunghi pomeriggi estivi accadeva spesso che amiche e parenti venissero a casa
mia, non solo perché mia madre rappresentava un punto di riferimento per tutti,
ma anche per il fatto che nel laboratorio di sartoria non ci si annoiava mai:
si chiacchierava, si scherzava, si rideva oppure c’era sempre un lavoro per tutte le ragazze che arrivavano.
In
uno di tali pomeriggi giunsero alla chetichella Mariolina,Nuccia, Pina e Nina;
quel giorno si percepiva però un sottile senso di insofferenza, tanto che ad un
certo punto una di loro, in modo quasi ozioso, domandò:
-
Ragazze, che facciamo?-
Tutte
la guardarono con aria interrogativa, quando in quell’istante comparve sulla
terrazza di fronte al nostro balcone Dora.
Dora
era una donna piuttosto anziana, minuta e grigia; portava i lisci capelli, striati
di bianco, tirati e raccolti in una crocchia dietro la nuca. Il suo viso era
caratterizzato da due occhietti mobili e curiosi e da una bocca dalle
labbra serrate, in un’espressione di
perenne insoddisfazione, “mussu strittu”, come si soleva dire; infatti la donna
aveva sempre qualcosa da ridire su tutto e su tutti e per questo motivo non era
benvoluta dal vicinato. Ci teneva ad affermare che era “ signorina”; in effetti
era la governante tuttofare di un vecchio signore che aveva una grande casa
all’angolo tra il Corso Armando Diaz e la via IV Aprile.
Alla
vista della donna, gli occhi di Nuccia si illuminarono e con voce allegra
esclamò:” Che ne dite? Facciamo uno scherzo a Dora?”
L’idea
suscitò l’entusiasmo delle altre, così, avvicinate le loro sedie in modo da
formare un cerchio, si misero a confabulare per un po’tra di loro; di tanto in
tanto si sentivano delle fragorose risate che suscitavano la curiosità delle
persone presenti. Presi i loro accordi, senza una parola, Mariolina si
allontanò dal gruppo e per qualche minuto scomparve; poco dopo ricomparve con
una lunga e scolorita corda che fino a qualche tempo prima era stata utilizzata
in terrazza per stendere i panni, ma, essendo diventata troppo vecchia, era
stata messa da parte.
Le ragazze, già pregustando lo spasso, misero
in atto il loro piano. Va comunque specificato che sessanta anni fa il
traffico lungo le vie della città era
pressoché inesistente, di tanto in tanto passava qualche bicicletta o qualche
carretto e, specialmente nelle ore più calde della giornata, non si vedevano
molte persone in giro.
Scese
dunque in strada, una di loro si allontanò dalle altre con la corda tra le mani
e, accertatasi che in quel momento non passava anima viva , ne legò
un’estremità al grosso battente di rame che stava sul portone della casa dove
l’anziana donna viveva; distese poi il resto sul manto stradale (sul cui sfondo
non si notava), in modo che l’altra estremità fosse inserita tra le stecche
della persiana della casa di
fronte,verso cui con calma si diressero
tutte, visto che lì abitava Nuccia.
Sistematesi
dietro la finestra, potevano osservare la scena senza essere viste e al via di
una di loro, tirarono ripetutamente la
corda, agitando violentemente il
battente che cominciò a sbattere
rumorosamente contro il portone. Dopo qualche minuto, tutta affannata,
Dora aprì i vetri del balcone e si affacciò per sapere chi bussava; guardò di
sotto, a destra, a sinistra, ma non vedendo
nessuno si sporse più che potè urlando: - Chi è? Chi è?-
Nemmeno
l’ombra di una persona e, men che mai, nessuna risposta! Intanto le ragazze,
dietro la finestra, erano piegate in due dalle risate.
La
donna rimase qualche tempo ferma sul suo punto di osservazione, però, visto che
non accadeva nulla, si stancò e si ritirò in casa; si era appena allontanata
dal balcone, quando il battente ricominciò a
battere anche più a lungo di prima. E si ripetè la stessa, identica
scena precedente, mentre le autrici dello scherzo dovettero allontanarsi
dalla loro postazione, per non rischiare
di far sentire le loro sonore risa.
Più
volte il silenzio di quel sonnolento pomeriggio estivo fu interrotto dal
fragoroso rumore metallico del battente, mentre la povera donna era addirittura
furiosa perché non riusciva a venire a capo di quel mistero. Alla fine le
ragazze decisero che era arrivato il momento di farla finita, così lasciarono
andare la corda sul marciapiede e per qualche tempo nessuna di loro osò uscire
in strada; tuttavia nel giardino retrostante la casa, facevano i loro commenti
e ridevano fino alle lacrime. Solo sul tardi, prima che rientrasse il padrone
di casa, si decisero a venir fuori e la più coraggiosa di loro si avvicinò al
portone per eliminare “l’arma del delitto”.
Lo spassoso episodio venne raccontato per
molto tempo, suscitando sempre l’ilarità di chi l’ascoltava.
Francesca Adamo
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